Negli ultimi mesi si sono registrati significativi incrementi nei costi di diverse materie prime e non siamo in grado di prevedere se l’andamento in atto è destinato a fermarsi, regredire o, addirittura, aumentare. Seriamente a rischio anche i piani di Recovery dell’Unione Europea per il prossimo futuro.
Se osserviamo l’andamento di una parte importante delle materie prime che utilizziamo per la fabbricazione dei nostri prodotti possiamo rilevare aumenti che superano il 130% in pochi mesi (acciaio) e, addirittura, il 10% in un solo giorno (sempre l’acciaio).
Anche altri materiali che abitualmente utilizziamo nelle nostre costruzioni hanno subito rincari molto importanti: il costo del rame è cresciuto del 30% da inizio anno, il prezzo del legno da costruzione è triplicato, il prezzo del bitume ha segnato un incremento, in tre mesi, del 15%, quello dei poliesteri ha subito incrementi superiori al 40%, lo stesso petrolio è cresciuto di 2,6 volte nell’ultimo anno.
In un ambito già profondamente compromesso dagli effetti della pandemia, il primo problema che le nostre aziende si trovano ad affrontare è sicuramente quello di contemperare questi rincari con i propri listini e prezzi di vendita. L’elevato aumento dei prezzi di materiali per il settore della prefabbricazione in calcestruzzo sta mettendo a rischio i cantieri in corso e riducendo ulteriormente i margini delle aziende del settore.
Le associazioni di categoria hanno portato all’attenzione del Governo la problematica, rendendo noto che la situazione potrebbe mettere seriamente a rischio anche i piani di Recovery dell’Unione Europea per il prossimo futuro; la richiesta unanime è quella di varare misure straordinarie capaci di fronteggiare lo straordinario aumento dei prezzi dei materiali ed evitare il sostanziale blocco di buona parte dei lavori pubblici in corso.
Sono anni che le nostre aziende subiscono riduzioni della redditività a causa dello strisciante aumento dei costi delle materie prime che impieghiamo, costi che, in considerazione della stagnazione del mercato, si è molto spesso deciso di assorbire, lasciando inalterati i listini e non intervenendo sui prezzi di vendita.
Con rincari dei costi così esagerati, però, a meno di una loro repentina non prevedibile diminuzione, senza la rimodulazione dei listini e dei prezzi di vendita, in beve tempo, non potremo più parlare di diminuzione della redditività, ma, con tutta evidenza, dovremo costatare la maturazione di consistenti perdite.
Impennate dei prezzi sono state osservate in tutta Europa e non solo. Ma, purtroppo, il confronto con i tre maggiori nostri partner europei, Germania, Francia e Spagna, evidenzia che il Paese che ha subito i maggiori incrementi è l’Italia.
Possibile ipotizzare che quest’ultimo fattore dipenda dalla vischiosità del mercato italiano (dei singoli mercati italiani) nel quale manca la vera concorrenza e che consente, con maggior facilità, operazioni di carattere puramente speculativo?
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